A Claudia.
X
C’è una fessura di cielo in cielo, Celeste
che infuoca i pini e inrosa le montagne
indora le bestie e smisura le campagne
è una fessura di sangui arrugginiti
che scava ferite agli inguini delle nuvole
riflesse, sventrate a lana e dorate
nei fossi delle campagne smisurate.
Tutto il Mondo è d’oro, Celeste, d’un oro
piovuto dal taglio che il cielo ha in pancia:
tutto l’agro e i boschi sono pieni d’oro
i manti delle stalle e le groppe dei fiumi
d’oro, d’una luce d’oro che mi attraversa
facendomi cristallo, facendomi finestra
e i filari dei pioppi lungo gli argini alle piene
sono le ombre della notte che arrivando avviene.
XI
C’è un cielo blu come il bianco, Celeste
che muove le maree dentro gli alberi
gonfiandoli e sgonfiandoli come bandiere
e il suono che il cielo accende quando scende
non è il suono dei boschi, ma quello del mare
ed è per questo che l’erba ha le onde
quando il cielo tocca la terra perché la vuole attraversare.
XV
Se ne sta altissimo oggi il cielo, Celeste
così alto che il Sole gli sta davanti, lo impalla
è un Sole diafano, un Sole fioco
che smarrendo dal proprio oro
la bile nera del suo fuoco
si esangua in un diametro d’anima bianca
e mi vedo andare ai resti, ti vedo stanca
di cercare in quello che trovi tutto quel che ci manca.
Altissimo oggi il cielo, altissimo, Celeste
sulla vita che vivendo ti sfianca
e che separando gli istanti dalle ore
il verbo dal vero, la morte dall’amore
all’abisso del mistero ti spalanca.
XVII
Fino a oggi il cielo ci ha parlato, Celeste
dicendoci bene cosa siamo alla luce del suo riflesso
dicendoci cosa sentiamo quando lo sentiamo
quando il modo in cui lo sentiamo significa
il modo in cui sentendo sappiamo.
Perché il cielo non è come uno specchio
il cielo è lo specchio
che, specchiandoci, riflette
come stiamo in quello che siamo.
XXVI
Quando inizia il cielo, Celeste
pare non inizi da un punto, ma tutto insieme
che l’inizio del cielo non è un dove ma un quando:
è quando inizia che il cielo appare
appare subito tutto e un attimo prima non c’era
ripulisce lo scuro con una spugna di luce scialba
e un attimo prima era notte, un attimo dopo è l’alba.
XXX
Oggi è un cielo difficile a capirsi, Celeste
un cielo che se lo avvicini, lo fai per approssimazione
perché è un cielo imprecisato, indeciso
appena pensi sia come lo vedi
diventa come non è: questo perché
è un cielo asimmetrico, sfocato in ogni suo centro
un cielo per metà fuori e per metà dentro
dove l’alba è una moltitudine d’ori, un ciborio di biancori
e al contempo un crepuscolo fra i fiori, un’aurora di scurori
e allora vedo al tuo viso, per metà felice e per metà triste
e ci vedo il cuore che nascondi nella nebbia dei tuoi umori
e capisco come ogni cosa muta quando vivendo esiste
tracimando in sé il bianco e il nero dei suoi colori.
XXXII
Mi chiedi, Celeste, di che cielo si tratta
mentre lo guardi volarci in testa
mentre lo guardo roteare come una goccia
nell’argentovetro del tuo sguardo
mentre saetta come un raggio
lungo l’ambra madida del tuo iride
e mi chiedi, Celeste, e mi chiedi
se solo in cielo il cielo compie il suo viaggio.
Chiudo gli occhi e parlo come un assassino
quando, scusandosi, stringe la mano sulla lama
e sanguinando per primo uccide ciò che più ama:
e il cielo che mi chiedi diventa il pretesto
per dirti non quel che vedo ma quello che sento
e il cielo non è più il cielo di questo momento
ma la parte del discorso che ne è il sottotesto.
Ma tu mi chiedi, Celeste, che tipo di gesto
è quello che fuggendo sta e andando resta
che verbo il cielo sta compiendo in cielo
quale festa ci fa e a quale addio ci presta.
E tu mi chiedi, Celeste, tu mi chiedi
che volo ci dà il cielo che ci vola in testa.
XXXIV
C’è un cielo bianco in cielo, Celeste
bianco come l’atto che da solo apre
le vene del colore a seconda di dove colpisce
ché il bianco ha una vena per ogni colore
il bianco è la sola condizione in cui il cielo
avvera il Mondo in base alla sua luminazione.
C’è un cielo bianco assurdo in cielo
cereo, smunto, Celeste, un cielo breve
e guardarti da qui sotto è come guardare
il buio d’un abete in mezzo alla neve
o la lingua di un cervo che tesse
la seta trasparente del fiume che beve.
XLII
Celeste, hai visto che cielo oggi?
Lo hai certo visto anche tu: tracima
dagli orli delle cose che esonda
le avvolge da dentro, smargina
il panorama con la sua luce di sfondo
stravolge alle figure il confine
e cola addosso alla sagoma del Mondo.
Hai visto, Celeste, che cielo oggi?
Cosa gli starà succedendo
quale potenza d’acciaio lo tira
da tutti i suoi fianchi
allargandogli a pianura gli angoli del lato
dove incrocia quel che gli vola dentro
stando fermo a terra, radicato?
Hai visto, Celeste, hai visto come il cielo
volando ci abbia in verità attraversato?
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Iniziato il 14 settembre 2017
Finito a maggio del 2018.
Se il poema è un file digitale
lo devo al motivo
per cui è nato
e porta il nome
di Claudia D’Oriano.
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Guido Celli
C’è un cielo che vola in cielo, Celeste
©Musicaos Editore, Agosto 2023
Collana Poesia, 43
Progetto grafico
Bookground
Illustrazione di copertina
Fabrizio Di Baldo
Nessuna parte di questo volume può essere
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