EPTALOGIA DI M
III
a M:
Marrone Occidente
***
Opero una preghiera di luce
e ogni morte mi sembra niente
mentre splende nei miei occhi
l'indiscutibile reale di ogni evento.
Spalanco una bufera di luce
e vengo inghiottito dal tempo
scendendo tre mesi dentro l'inverno
preannunciato del vostro momento.
***
Ora so com'è vero
l'Estremo tuo Est.
Et si impius fuero, vae mihi est.
***
IV
Nell’ocra allagata dall'orda di chiari
che svela alla camera la sua fica fosforescente
intendo la nebbia attaccata ai corpi
avverto il nervo caldo delle sospensioni
nel vostro muto nostro stare in posa:
nella ruga rumore dei tuoi occhi è la fame
orientale di saperti fare cannibale cosa
con la carne lucenera delle tue brame.
E sulla pelle del tuo corpo la tinta
delle olive spezzate sul lenzuolo del pane.
***
VIII
Quale euforia artificiale del fuoco ti brilla
un minuscolo spasmo nel varco del guardare...
... forse questa nervatura di viola nel suo occhiale
o forse questo diagonale schiaffo del lampione
che vi struscia le ombre con il suo braccio luminale?
Quale meraviglia apre nel tuo sguardo lo spiraglio
sconfinato della tua via alla seta...
...forse i bianchi strali di questo neon accecante
che sul tuo abbacinato viso occidente
dardano il loro assurdo bagliore allucinante?
Io so, ora, che è la luce di Golden-Gai
dove a Tokyo un quadrato forma un’isola di case basse
che la notte accende come una discoteca galleggiante
nel mare enorme di questo tuo annunciato Levante.
***
XIII
Noi o voi due fuori dal treno verde
che da Shinjuku arriva a Randazzo?
Noi o voi due nel groviglio d’anche e versi
che annoda le lenzuola di due letti diversi?
Noi o voi due nell'osso di dita tenuto in pugno
mentre scorre sottofianco la costa di Kakamura e Fondi?
Noi o voi due in Camera, in giardino
noi o voi due laggiù, qui vicino?
***
XIV
Noi o voi due così contenti
sulla crosta in deriva dei continenti?
***
XX
Ci fosse nelle tue sopracciglia un verbo
che sappia tenere alla maglia di una frase
tutti i pensieri che la tua voce non sa
tenere in canto come in uno sguardo.
E tieni tutto il caldo velluto del tuo marrone
in basso, al principio di dove la linea
come un orizzonte divide l'emerso dal sommerso:
io ti guardo e a strapiombo penso
ad ogni millimetro del tuo istante che mi sono perso.
***
XXII
Non pensi l'Oriente di sottrarsi
al destino che la diga teme:
l'onda equina del tuo marrone
già lo frange, travolge e freme.
Sappia dunque l'Oriente e il suo pallore
che il tuo marrone è Madre
e adombra partorendo dove passa
la prole mediterranea del suo scurore.
***
XXVI
Di nuovo la mano tiene, il dito preme
l’area di voi due in viaggio, sul treno:
di nuovo il tuo braccio allarga il raggio
dell’abbraccio che lo stringe al tuo seno.
Di nuovo fermando la forma
del fremito statuato dentro il movimento:
di nuovo lasciando l’orma
del tuo sorriso sulle cellule leggere del vostro momento.
E hai l’argilla alle labbra, l’acqua agli occhi di sempre
sembri starmi accanto come a Luglio
ed invece stai lì con lui ed è Settembre.
***
XXVII
Il sorriso che hai qui è come la Sicilia intera
inizia nelle anatolie di Trapani l'Estate
e ricomincia dai papiri di Siracusa in Primavera
ha dentro i palmeti bizantini di Monreale
l’arabia acida di Piana
il paleolitico lucertola di Pantalica
gli argenti vertebra delle Madonie
l’ora crudoverde dei Nebrodi
la smorfia muscolorfana di Eraclea
la zolla ruvido nervo di Sciacca
il vento serpente dei Peloritani
le algerie madonna di Piazza
l’azzurro quietosciame degli Iblei
l'osso cristallo dell'Alcantara
la gengiva d'asinonebbia di Enna
il bianco preistoria di Cavagrande
l'aldilà sassolunare dell'Etna
e irrompe di zagare ogni vena di terra
di lentisco le rocce, di fichidindia la costa
ed è sprecato, davvero, quasi un male
vederlo intornato da una laccata
fluorescente flora orientale.
***
XXVIII
Sono come sempre le luci dei tuoi colori
il Mediterraneo dei tuoi marroni
a deflagrare questa nipponica natura patinata
a sovreccitarne il pallore dei suoi aloni.
Come sempre è la tua carnagione
a diluviare d'erbadoro il Mondo
a ravvivare la vita lenta dei pigmenti
destinati all'inespressività artificiale
del croma che affoga nel dogma
la sua nativa eresia primordiale.
Perché, e parlo a questa foto, non esiste
pantone che al tuo marrone sia eguale.
***
XXXIII
In queste quattro ti si vede un fiore a sorriso
gemmare ora per le altre a venire
e sui petali di questo tuo rimanere
vita luminosa, la clorofilla
del vostro lungo bacio ferroviario
nato come appunto, custodito come diario.
***
Ogni narrazione che questa foto fonda
affresca le volte del futuro, lo so
come un cielo palatino di bosco
che nasconde le stelle in ogni sua fronda
per far che il domani diventi
l'odierno d'un passato meno fosco.
Ecce luna etiam non splendet
la conoscenza abita il seno di chi dubita
et stellae non sunt mundae in conspectu ejus
unica vera verità del Mistero che la abita.
***
Ogni futura azione che questa foto prefigura
esiste in quanto ipotesi, lo so
ma ciò che immagina esiste nella verità
del mistero che si redime in congettura
perché se quel che si vede è stato
ciò che si suppone accadrà.
Nihil in terra sine causa fit
nel cieco futuro Tiresia vede
et de humo non oritur dolor
il segreto fedele a cui crede.
***
XXXVI
E che sulle tue ciglia ci fosse poi questo
marrone d’acqua pieno di bronzo
con dentro il chiodo che è nello zoccolo
del cavallo impresso nel fango delle campagne…
…e che poi ci fosse questo sterpo
così albero nel balsamo del rovo
che il palmo del bosco tiene
come fosse seme d’orto…
…e che ci fosse addirittura
come nella zolla che apre bocca al lago
l’anima d’argilla che il prato pulsa
nel fumo di radici portato in cielo dalle fronde…
…solo ora scoprirlo in questa differenza
che la suamia illusione spera di colmare
con il filo tenue del suomio guardare
spezzato in seno alla tua esistenza.
***
XXXVII
In questa che ho adesso sotto memoria
c’è un velo di latte al neon sui vostri visi
e si vede, io lo vedo
che sei stanca, hai dormito nulla ancora
e intorno agli occhi hai
la lingua vegetale del metallo
che implora nel fango delle occhiaie
un fiume convulso che sappia
portare il sonno come una carezza di pesce.
E nel bar ogni altro marrone s’imbarazza
si alza in piedi, s’inchina ed esce.
***
XLI
Solo il carbone darebbe alla scena un così scuro
come quello che il marrone che hai in carne come di spina
chiude addosso al riflesso della stanza che vi contiene.
Solo il Sole regalerebbe alla scena un così oro
come quello che il marrone che hai in carne come di rosa
apre dentro l’abisso della stanza che vi sostiene.
Solo il deserto porterebbe alla scena un simile balenìo
come quello che il marrone che hai in carne come d’ustione
barbaglia contro l’abbraccio della stanza che vi appartiene.
Solo l’acciaio donerebbe alla scena un simile lampo
come quello che il marrone che hai in carne come di nodo
infuria verso le dita di calce della stanza che vi trattiene.
***
LVI
Avesse forma il tuo marrone avrebbe
quella della vena che appartiene alla creta
avesse odore il tuo colore avrebbe
quello che dissemina il momento
in cui la pesca bacia crescendo la foglia
avesse suono la tua pelle avrebbe
quello che il fango vibra al bulbo del fiume
avesse tempo il tuo cuoio avrebbe
l’ora d’oro della roccia nuda dell’altopiano
la stessa che il Sole sparendo bronza sul grano.
***
LIII
C’è forse qualcosa di bianco come il Sole
in questo momento del tuo Oriente
qualcosa che non ha più a che fare
con le città, i templi, il ristorante
ma qualcosa attraversato da poco suono
in cui le gambe si ascoltano meglio delle parole
qualcosa che ha più a che fare
con la voce di tibia che hanno le conchiglie
quando finiscono in sabbia spinte dal mare.
***
LIX
Il colore arbuto che Maggio gemma ai rami
al mattino delle macchie di costa ai mari
lo vedo, nel grembo di questo quadro
districarsi dalla bacca del tuo viso
che vivrà restando com'è stato.
Il colore arbuto che Giugno cede ai sentieri
nel salmastro dei rovi seccati al sole
dilaga dipinto sulla tela del momento
eternando ciò che hai visto in quel che vedo
e ancora capita allorché è capitato.
Il colore arbuto che emani
è l'olio che il lentisco rilascia
quando viene schiacciato
e stracolma di Mediterraneo
l'Oriente che avete fotografato.
***
LX
Mi dico e ripeto: guarda bene il contesto
osservalo a lungo, non pensarlo cornice
rendilo ragione primaria d'ogni loro gesto.
Ma più vedo questa foto, più il tuo sorriso mi dice
che l'Oriente che ti circonda è solo un pretesto
per la taumaturgia della tua bellezza matrice.
***
LXI
Il bacio che dai e vedo in questa foto è il mio:
è la sola via che possiedo e tiene a me vicino
il tuo lontano, avverando in me l'atroce destino
di far mie le labbra che baciando te bacio anch'io.
***
Iniziato il 16 gennaio 2019 a Roma.
Finito il 12 maggio 2019 a Catania.
Orlato dal 25 luglio 2020 al 31 luglio 2020
sotto il glicine della Masseria dei Monelli a Conversano.
Risognato dal 27 novembre 2020 al 31 dicembre 2020
nella mia camera a Pietralata.
Scritto a memoria
come amando ogni cosa.
Amando come amando
ogni tua cosa.
I versi in latino presenti nel poema sono tratti dal Liber Job
nella traduzione latina della Bibbia effettuata
da San Girolamo nel V secolo dopo Cristo.
Sognare nuovamente il poema
è stato come decifrare un viaggio.
Ringrazio perciò chi mi ha aiutato a risolverne il ritorno:
Caterpillar, Claudia D’Oriano e Angela Tomassone.
***
Guido Celli // Camera d’Oriente (Eptalogia di M, III)
Collana // Le Funi
Direzione editoriale // Emanuele Kraushaar
Comitato editoriale // Colombier, Francesca Giammei
Progetto grafico copertina // Reg Mastice
Progetto grafico impaginazione // Michele Zaffarano
Prima edizione italiana // Aprile 2021
Tic Edizioni // Via Agostino Bertani 9 (Roma)
info // ticedizioni.com
Carta interno // Fedrigoni Bulk Ivory 80 g
Carta copertina // Fedrigoni Rough Ivory 300 g
Grafostampa // Via Laurentina 3 (Roma)
ISBN // 9788898960354
Prezzo // 14 €
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