A ciò che ho desiderato
rimanesse tale.
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Sotto Desiderio i pomeriggi
hanno qualcosa di mostruoso.
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V
La voce che avevi al telefono
era come quella d’un sasso attaccato ad un torrente
la sentivo come uno schiaffo di lenzuolo convesso
un barbaglio secco di luce a forma di vieni
e poi la voce che avevi al telefono
era la voce di un’altra volta ancora
che era quella che avevi poco fa al telefono
ma che era piuttosto la voce di un’altra volta di nuovo.
E pure, la voce che avevi al telefono
aveva un modo maggiore e un modo minore
e voglio dire prima di quello minore
perché nel modo minore la tua voce non aveva linguaggio
era fatta dalla lingua ma non aveva alfabeto presente
era santa come il vestito d’un santo, vestiva niente
e nel suo modo maggiore
che ora devo dire
la voce che avevi al telefono
era il fatto che anche un animale è voglia di linguaggio
una voglia che è come un verme che s’incastra in gola
e trasforma le corde che danno voce in un legno disfatto.
La voce che avevi al telefono
non aveva linguaggio ma ne aveva voglia
era primordiale, remota e vicinissima
come un odore selvatico di sesso
come uno schiaffo di lenzuolo convesso
come l’hammam omogeneo dei tuoi seni
come un bacilugo di diorami a forma di vieni
come il fatto stesso
che mentre avevi la voce che avevi al telefono
in realtà non avevi altro che quella voce fatta di due modi
in realtà eri nuda e spalancavi alla luce i tuoi fianchi, i tuoi nodi
la tua fica che per la prima volta come da un risveglio
in realtà eri nuda, mi facevi ammazzare e mi facevi stare meglio.
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VII
Che giorno è?
Che ora è?
In che dov’è che mi son perso?
Devo aver iniziato da qualche parte
perché di qualcosa mi ricordo
mi ricordo che a un certo punto una curva e poi
poi più niente, dopo la curva lo smarrimento
la Spagna della tua voce, la penisola iberica della tua bocca
che non ricordo se non come idea di ricordo
come ricordo di raccordo fra le cose che non ricordo
come la grazia esagerata che mi ha fatto dimenticare
persino dov’è il giorno che ora è dove sono
e che il tuo seno è dove ho cominciato smettendo di ricordare.
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XII
Dai tuoi corti pantaloncini di jeans
che rendono il tuo culo un architrave
spuntano le doriche delle tue gambe
fatte di cuoio equino e forti come l’avorio di un elefante
fatte di liscio come il gesso d’un fiume
e delicate come i capelli disegnati in testa alle sante.
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XVI
Un po’ d’amore di tanto in tanto
un po’ d’amore e di Desiderio
nella vita ho avuto niente di tanto
ma un po’ d’amore e di Desiderio.
I ricoveri non mi hanno reso matto né santo
ma con un po’ d’amore il dolore non è serio
con un po’ d’amore di tanto in tanto
anche il dolore si fa Desiderio.
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XVIII
Oggi ho capito che nella trama notturna
che Desiderio dipana legando gli inguini
di chi cercandosi ama e amarsi vuole
c’è un laccio di lama come di una faglia.
E fra le gambe ho il petto spaccato
perché il tuo laccio tremando ha smosso frane
ha disegnato una linea simile al terremoto
che apre la crosta al corpo come a un pezzo di pane.
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XXVI
Desiderio è come quando devi andarti a lavare ogni tre minuti
altrimenti ti piglia il fuoco alle mutande:
cioè è come quando fra le lingue rosse dell’autodafé che ti spolpa
ti consoli pensando a quanto sia innocente, in amore, la tua colpa.
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XXXI
A volte Desiderio fa tremare
come una barca sul filo teso del mare
ed è che a volte Desiderio viene quando
pensi che hai desiderato già quel che vuoi desiderare
ed invece tu tremi e per sapere quanto
ti guardi allo specchio come per confermare
se quello che vedi sta tremando
oppure è fermo in un Mondo che sta per crollare.
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XXXIV
Nella carne ha il suo segreto
come un eccesso, un’apoteosi
è la madre che diaframma al feto
il sangue dell’alito, in osmosi.
Straziato, Desiderio vive
più nelle viscere che in gola
e nei corpi traccia, scrive
l’orbita in fibra d’ogni parola.
Nella carne è l’acceso artiglio
che dilania il dentro fino in fondo
è la furia che tutela il giglio
mentre strappa a pezzi il Mondo.
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XLVII
Desiderio lacera, non dosa
smisura, non dimensiona
l’oggetto del suo che afferra e sposa
fin quando gli dura e poi abbandona.
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XLVIII
Desiderio, se tu mi azzanni
tutto per me si fa crudo:
l’avuto, il giorno, il davanti
il gesto fra i tuoi con cui mi incanti.
Desiderio, se tu mi agguanti
tutto per me è nudo:
il cielo, le nuvole, i lampi
la luce che nella mia carne divampi.
Desiderio, se tu mi abbranchi
da ogni cosa mi escludo:
dal qui, dal tempo, dagli inganni
della realtà irreale a cui mi condanni.
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L
Desiderio impera e non tollera altro da sé stesso:
come un solleone alla piana, ammazza ogni altra luce
perché Desiderio è un plotone, un’orda, un consesso
di isteriche truppe d’assalto che nessuno conduce.
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LI
Quando, guardandoti, mi rocambola Desiderio addosso
io prendo la via del Cielo la cui seta ogni cosa tocca
e quando bruciando bramo il fuoco di quel che non posso
allora il sangue mi si fa lava ed il ventre la sua bocca.
E se ti guardo sotto Desiderio il mio sguardo
ti attraversa come un ago la guancia di un frutto
e se mi perdo mi infiammo, divampo, ardo
come il nucleo di un atomo che in sé ha già tutto.
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LIII
Se vedo Tunisi stesa sul tuo viso
è perché Desiderio è una ragnatela di segni
e mi mostra non quello che ti somiglia
ma il segno di quello a cui assomigli
e cioè non le cose per come sembrano
ma le cose per come combaciano
e quindi il visibile e l’invisibile nello stesso istante
uniti dal somigliarsi, ma soprattutto dal combaciante.
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LVII
Come mai Desiderio
smani tanto di ghermire
non sai che ciò che appare
comparendo, inizia a sparire?
Come mai Desiderio
ti disperi tanto di avere
non sai che ciò che si vede
muore in chi lo può vedere?
Come mai Desiderio
brami tanto di toccare
non sai che le ali di Icaro
si sciolsero prima d’arrivare?
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LXVI
Quando prendi luce dalle finestre
come una foglia appesa al Cosmo
io mi sento le ali del ventre
sfiorare l’intero dorso terrestre
e il controluce della tua ombra
diventarmi in antro alla carne
la più antica pittura rupestre.
C’è in te quel di qualcosa che mi primordia
che sa di prima della Storia
e che all’inizio dell’Universo la vita aveva
in bacheca al Mondo come promemoria.
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LXXVI
Ricordo nella carne, non nella memoria
i desideri smarriti, disapparsi, avuti.
Cercandoli mi accorgo che la loro storia
è un dedalo di spiriti andati, perduti.
E mi chiedo quali fasti di quella baldoria
ora restino e se davvero siano avvenuti
se almeno alcuni brandelli della sua gloria
siano in qualche mia vena sopravvissuti.
Ma tutto decade, solo nostra è la boria
di rifare in eterno i fatti compiuti:
perfino l’Universo è soltanto la scoria
di fragori stellari ormai muti.
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LXXVIII
Con Desiderio s’inibisce
ogni teoria del successo:
la sua intenzione va fallita
se non vuole che la voglia
di cui ha fame e che nutre
sfamata, muoia denutrita.
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LXXX
Quando ti fai nuda e ti metti in stanza
la stanza ti è intorno non come cornice
diventa la tela attraversata lungo la quale
ogni punto si fa linea, linea verticale
tagliando in due il portamento dell’intera stanza
facendo d’ogni segno Desiderio e d’ogni Desiderio
l’aria morbida che il tuo meridiano inguinale
sgara facendone una specie di duplice orizzontale.
E se ti metti nuda sul divano lo fai per stare in posa
per lasciare una gamba sopra l’altra e la pancia in torsione
per dare l’idea che dove metti la mano ci batta luce, ogni luce
ogni luce che sbattendo dà senso alle tue dita
che tieni come fascine sul grembo di prateria intorno all’ombelico
… due piccole linee di riflesso di luce
due linee smeriglio come quando un faro colpisce il mare
perché se ti metti nuda sul divano lo fai per insegnarmi a guardare.
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Collana
Colombre (03)
Progetto grafico e copertina
Michele Zaffarano
Tipografia
Print on Web (Isola del Liri, FR)
Titolo
Desiderio
Autore
Guido Celli
ISBN
9788898960682
Edizioni
Tic (Roma)
Data di pubblicazione
Agosto 2023
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