a R.N.
XX
M’ha detto Rachele
che una sera di tanti anni fa
ma di così tanti anni fa, talmente tanti
che stiamo parlando dell’inizio della storia con il suo uomo
dieci anni fa, minuto più, minuto meno
così m’ha detto Rachele
una sera di tanti anni fa, lei, con il suo uomo
andò ad una festa privata o ad un rave
ma più una festa privata che un rave
in un posto assurdo, m’ha detto Rachele
un posto con una diga, con una diga e un bosco.
Lì trovarono lo sbiruglio di qualche tiro
e ballarono a lungo, all’aperto, sotto le stelle
d’un agosto di dieci anni fa, minuto più, minuto meno.
M’ha detto Rachele che
un po’ la casualità tipica d’una festa
che poi è simile e vale allo stesso modo di quella d’un rave
un po’ la bamba, un po’ i superalcolici, un po’ l’agosto
un po’ il ballare, un po’ il salutare, un po’ il chiacchierare
ad un certo punto
in quella baraonda di po’
Rachele m’ha detto
Rachele perse di vista il suo uomo
ma non se ne curò poi tanto:
c’era da ballare e in corpo la vodka e la bamba
c’era l’incontrare e c’era l’agosto, c’era la diga e c’erano le stelle.
M’ha detto Rachele
che nella selva di facce incontrate, facce riconosciute
facce salutate, facce evitate, ad un certo punto
m’ha detto Rachele
una faccia piaciuta, la faccia d’un ragazzo che ballava
la faccia d’un ragazzo dipinta in centro al quadro puntinato
di quella serata d’agosto fatta di ballo e festa ai piedi d’una diga
dell’entroterra fichidindico di dieci anni fa
minuto più, minuto meno.
Hanno cominciato a ballare insieme
m’ha detto Rachele
e il suo uomo boh
la bamba
la vodka
la musica
allora lei, Rachele, prese quella faccia piaciuta
la prese per mano e se la trascinò nel bosco
e lì nel bosco si sentì presa come un coniglio
gettato fra i tronchi dalle fauci d’una tigre.
M’ha detto Rachele
Rachele come avesse dieci anni in meno
m’ha detto Rachele
con un sorriso stroboscopico
che poggiata la schiena al tronco
che con le mani a prendere i rami
che con le mani ad appendersi ai rami
che con la faccia al tronco
che fra due alberi a gambe divaricate
che nel pieno vortice del buio denso
scavato fra gli alberi di quel bosco
loro si persero, si presero e si persero
senza mai trovare un definitivo stare
ma muovendo come un esercito in rotta
tutta la loro voglia di fottersi, di amarsi.
M’ha detto Rachele
m’ha detto che nel bosco c’era un buio nerissimo
un buio di bosco, denso come spesso
quasi tenebra, un’aria di miele petrolio
e che quel nero formava come un confine
quel buio di quel bosco e il bosco stesso
erano, infatti, una vera e propria enclave nella festa
rispetto alla musica, al ballare, alle luci, alla diga.
M’ha detto, Rachele m’ha detto
che si stavano ancora infuriando immersi
in tutto quel buio e quel legno
quando la festa finì, quando il suo uomo, non trovandola
cominciò nei luoghi abbandonati dalla festa
fino al limite del buio e del bosco
a chiamarla a gola spalancata.
"Rachele! Rachele!" così, il suo uomo
che la cercava, disperato di non trovarla.
M’ha detto RacheleRachele pignatta d’ori e damaschi
che finirono senza fretta di fare quello che volevano fare
che quei "Rachele!" non furono interruttivi, anzi
e che, ricomposta in ogni sua parte
bocca, mani, gonna e reggiseno
salutata quella faccia piaciuta, quella faccia di ragazzo
tornò alla diga, prese il suo uomo per mano
lo prese e lo portò nel bosco e nel buio del suo segreto.
Rachele, Rachele mille inizi, Rachele verme d’amore solitario.
E, pensando ai segreti di Rachele
ho capito anche che lei non ne ha per me
lei che mi dice tutto, anche i segreti
lei, per me, non ha segreti.
E questa verità senza segreti che Rachele m’accorda
mi pone necessariamente in un posto speciale
del suo amare
mi pone necessariamente in quella condizione
che, con un segreto di meno
si avvicina prima al dolore e poi al cuore
e che, con un segreto in più
si avvicina subito al candore e più tardi alla disperazione
che la verità sempre scava dentro
la trincea ipocrita e guerriera dell’amore.
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XXI
M’ha detto Rachele
Rachele arcobaleno, Rachele patrimonio genetico
che c’è stato un periodo
qualche anno fa, pochi anni fa
c’è stato un periodo in cui, per un po’
si vedeva spesso la sera con una sua amica
ci si vedeva spesso e spesso uscivano insieme
e andavano in un locale vicino agli Archi
un locale pieno d’amiche sue con cui beveva
lei, Rachele, Rachele marinaio, e la sua amica
l’amica con cui in quel periodo spesso si vedeva e spesso uscivano insieme.
M’ha detto Rachele
Rachele somma di racconti, labirinto di trame
che in quel periodo aveva, fra i tanti, un amante
che l’aveva presa di più, un amante per cui si dava verso
e quindi, spesso, in quel periodo di qualche anno fa, pochi anni fa
si usciva spesso, nello spesso, in tre.
Lei, la sua amica e l’amante, l’amante di Rachele.
M’ha detto Rachele
e me l’ha detto seduta proprio in quel locale vicino agli Archi
e me l’ha detto un po’ di mesi fa
qualche anno dopo quel qualche anno fa di pochi anni fa
e mentre mi diceva quel che m’ha detto
me lo diceva indicandomi le cose, le provenienze
come il direttore d’orchestra che guida la propria sinfonia
la sinfonia dell’amore avventuroso di Rachele.
M’ha detto Rachele, quindi
che lì in quel locale vicino agli Archi
sempre è riuscita a sbirugliarsi la bamba
per sé, per l’amica e anche per l’amante
perché sapeva a chi chiedere e come chiederlo m’ha detto
perché Rachele se vuole qualcosa
l’ha già nell’attimo in cui decide di volerla
e questo non me l’ha detto Rachele
lo dico io.
Ogni tanto la bamba
m’ha detto Rachele
Rachele bambina con le mani nel tiramisù
gliela dava un tipo che lavorava nel locale
di fronte a quel locale vicino agli Archi
un tipo che appena vedeva Rachele le ronzava attorno come una vespa
e, sia se era sola, sia se con le amiche, sia se con il suo uomo
sia se con l’amante, sia se con altri amanti, sia se con altre amanti
sempre lui le sussurrava all’orecchio, con formule diverse
la propria algebra erotica.
M’ha detto Rachele
Rachele ustione, Rachele ricovero immediato
che quei sussurri detti all’orecchio in tutti quei mesi di quel periodo lì
di qualche anno fa, pochi anni fa
le avevano scavato nel desiderio
non come si farebbe in agricoltura
ma come farebbe un piovasco su una pietra, piano.
Ma quella sera
e mi indicava il punto dell’incontro con le sue dita assurde
le sue dita compasso, Rachele, mentre mi diceva di quella sera
quella sera il tipo le venne all’orecchio e le disse
"Ti regalo una botta, vieni"
.E Rachele andò, senza dire niente all’amica, niente all’amante
con il tipo che lavorava nel locale di fronte a quel locale vicino agli Archi
andò nel locale dove il tipo lavorava.
Si chiusero nel bagno
così m’ha detto Rachele
più con gli occhi che con le parole me l’ha detto
più con le dita che con la voce
e tirarono la prima botta e il tipo, subitole disse, sempre all’orecchio
"Te ne regalo un’altra". E giù con la seconda.
E neppure il tempo di passarsi un dito sul naso, sulla bocca
e già Rachele era senza mutande
con le mani poggiate al lavandino, di schiena
la sua schiena che ha il codice genetico di un’onda.
M’ha detto Rachele
che il bussare alla porta del bagno di quel locale
di fronte al locale vicino agli Archi
dove aveva lasciato senza annunciarlo l’amica e l’amante
il bussare di chi s’era rotto il cazzo di aspettare
quel rumore sordo di bussare
era per Rachele
la più giusta sessione ritmica d’accompagno
la migliore tra le sottolineature percussive
che la canzone della loro fottuta si potesse auspicare.
M’ha detto Rachele
Rachele bere, Rachele tirare, Rachele amare
Rachele amara, Rachele amore
che, finito tutto, lei uscì e tornò
dall’amica e dall’amante che subito le chiesero "E per me?".
Rachele rispose “Me l’ha offerta. Per te niente”.
"Per te niente", tutto a RacheleRachele ingorda, Rachele che vuole
ogni cosa e di ogni cosa
cornice, polpa e cuore.
E penso, penso vuotando le tasche del soprabito
che a stento copre neppure un terzo del mio cuore
che chi ottiene il tempo di Rachele nulla sa del tempo di Rachele
che sa trasformare un quarto d’ora
in un racconto che comincia dal futuro e arriva al finora.
Nessuno sa cos’è per Rachele il tempo
ma io, a me pare, io penso, io credo
che per Rachele il tempo sia una sorta di setaccio
dove passano e vanno via, in levare
le angherie che sempre si serbano per il cuore in cuore
e dove restano in battere
i grumi trascinati dall’esondo equino dell’amore.
E, nel tempo di Rachele, io so di essere
la possibilità del tre quarti, che ha il suo perché
ma che non può sempre essere suonato, altrimenti stanca
e così tutti i tempi che il tempo di Rachele ha:
tutti sa suonare, tutti vanno suonati, altrimenti si stanca.
E questo per quello che il tempo fa, ma per quello che il tempo è
io so che il tempo di Rachele scivola in su e sale in giù
non pedina una direzione e non marcia lungo un’asse
il tempo di Rachele è una ruota panoramica ancorata alla pancia d’un fiume
dalla quale Rachele si affaccia salutando e sorridendo
alla vita che la attende lungo le sponde
a testa in su, nel luna park del suo amore
dove sono entrato al prezzo economico del mio cuore.
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XXII
Rachele ha, fra i tanti, anche questo privilegio
che la donna dabbene
non può concedersi:
la risata in luogo del sorriso
la beffa in luogo del sospiro
il desiderio in luogo dell’aspetto
l’amore in luogo del rispetto.
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XLVIII
M’ha detto Rachele
che c’è un momento in cui si capisce che la serata sta finendo
ed è quando la serata si disarma iniziando la sua ritirata
che coincide sempre o quasi con l’andarsene a casa
quasi sempre la propria, a volte non sempre.
M’ha detto Rachele
“Ora ti dico di come si ritirò una serata di qualche settimana fa
di come si è conclusa ti dico”.
Ed è questo ciò che m’ha detto Rachele.
Quella serata era iniziata presto
Rachele era tornata da un viaggio
e il cugino andò a prenderla all’aeroporto
e nel tragitto dall’aeroporto alla casa dell’uomo di Rachele
Rachele dal finestrino dell’auto incrociò il modo di una sua amica
e allora si fece lasciare lì su quel marciapiede
con tutte le valige a carico, due grandi e una piccola
ed era prima di cena
era prima di cena e Rachele e la sua amica andarono in un locale.
La sua amica era già ubriaca per via d’un suo dolore di capire la vita
e allora Rachele si ubriacò anche lei
perché non c’è modo migliore di capire un dolore se non emulandone un sintomo.
Si ubriacarono insieme per meglio capire la vita
ed in questo tentativo, in questo provarci
al bancone conobbero un ragazzo a cui dissero
veniamo tutte e due a casa tua
e glielo dissero con uno sguardo specifico
lo sguardo di chi tutto specifica, tutto spiega
con la freddezza felina d’un istante, con la rapidità lupesca dell’inequivocabile
con la decapitazione entrambica e medesima del dubbio e della sua ombra
con lo schiaffo vigoroso e acciaiato del palese.
Il ragazzo investito dall’urto del palese, dall’elasticità dello specifico
andando verso casa sua portò le valige a Rachele
che, come un singhiozzo, rimbalzava leggera sulla noia malinconica del feriale
sbrogliando le ombre cordiali di ogni marciapiede
con la pioggia viva del suo raccontare, del suo disfare, del suo custodire
ubriacando di parole la sua amica ubriaca
tessendo l’inequivocabile a cui il ragazzo, in cuor suo
fortunato fra i miracolati, senza attendere, si era già votato.
Arrivate a casa del ragazzo, Rachele e l’amica si chiusero in bagno
per una doccia, ma da lì non uscirono più
e poteva bene poco il ragazzo bussando, poteva niente
perché Rachele e l’amica, in quel bagno
decisero di escludersi ed escluderlo da tutto
presero i loro goderi e ne fecero un’unica linea
uccidendo in un sol colpo, di netto
l’immaginata geometria erotica dei tre angoli:
un angolo ZAC! e allora basta una linea
una sudata di pelle bagnata
sotto l’arco di trionfo di quella doccia di vetro.
Quella doccia ad alibi, di contesto e per pretesto.
Fu Rachele, così m’ha dettola prima ad inginocchiarsi
per meglio entrare la sua lingua
per meglio muovere la sua lingua
intorno all’amore, dentro lo stramazzo.
E nel frattempo, fuori dalla porta
distrutto dal desiderio, quel povero ragazzo...
Perché Rachele è così
è un fulmine che scombina persino gli atlantici dei rincasi.
Rachele fa così:
pensa e fa senza pensare di fare
senza pensare a cosa ha fatto, di cosa è fatto quel fare che ha fatto
a come si possa pensare di fare quel fare appena fatto.
Perché Rachele è inclemente, Rachele è un regalo
Rachele è un a caso, una finestra accesa, un cancello sbarrato
ed io ci penso alla sensazione di quel cancello sbarrato
che quel ragazzo, fuori da quel bagno
tradito ed escluso, ha sentito sulla propria faccia
ci penso perché quando Rachele mi dice quel che mi racconta
io sento sempre sulla mia fronte la mano di ferro della negazione
che tutto disfa, soprattutto il destino
che la trama di velluto intessuta con furia dal cuore
stupidamente ignora, concentrata com’è sui legami e sui nomi
sempre immaginati e spesso arbitrari dell’amore.
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LVII
Rachele
ho capito alcune cose stamattina
ho capito che semmai tornerai, semmai ti rivedrò
io prenderò il tuo ritorno come una sconfitta
perché se tornerai, è per smettere di essere la Rachele che ho conosciuto
la Gratia Plena, il Barocco Dio che ho amato
se tornerai, tornerai per mutarti in quella forma d’amore
che è amore per l’amore e non amore d’amore
e perciò non tornerai
perché nel tornare c’è il ritorno
il ritorno di quel quello che rimane tale a quello
semplicemente verrai, se tornerai
sottoforma d’altra Rachele, non la Rachele che ho amato d’amore
tornerai come una Rachele che mai ho amato
e che non riconoscendo dovrò presto dimenticare.
Perché per me Rachele tu sei quello che siamo stati
non quello che siamo diventati
e se tornerai, sarà perché l’amore d’amore che bruci respirandoti è finito
e i tuoi anni giovani avranno lasciatole tue vene, le tue mani
e nel cuore ti sarà entrato il verme dell’amore per amore
ovvero quel verme che scava il cuore degli uomini
quando il cuore si fa vecchio, quando il cuore si fa marcio.
Rachele
se mai verrai (tornando come sei diventata)
io ti dirò di ritornare (andando via come sei stata)
perché non sarebbe quella la Rachele che abbiamo amato
non quella la Rachele che abbiamo ammazzato.
******
Grazie a:
Claudia D’Oriano
per il bene dato e fatto, incondizionatamente
per il racconto, la cura, l’intorno
e per aver riscritto al computer l’intero poema
Emanuele Caputo Curandero
per l’ascolto, l’accoglienza, il sostegno
e la musica con cui ha vestito Rachele
Chiara Scarpa, Paolo Baiardini
Luca Guidi, Flavio Giurato
per aver dato, ognuno a suo modo
un po’ d’intorno alla voce di Rachele
Scritto a Roma
in metro, alle poste, alle fermate del bus
nelle ville, nelle chiese, nei parchi
per strada, nei musei, nei locali
in giro e dappertutto
e a Catania, Lisboa
in Trentino
Dal 28 Ottobre 2016
al 18 Maggio 2017
in permanente stato di febbre
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