(per un'idea di Murgia in poema)
V
C’è come un sangue che abita le pietre
messo a vena dai torrenziali
germogliati in caos dai cieli.
Se ci si poggia l’ascolto si sente
qualcosa di fiume scorrere nella pietra
ed è di certo il suo sangue di gambe minerali
che a fatica nuota camera con vista sul Mondo
a tentarsi una foce verso l’inguine del giorno.
VII
Il canto delle cicale è un canto di pietra
non un canto di gola, neppure d’aria
come quello dei passeri, quello delle fronde
ma un canto di sole bruno e di pietra
un canto di tronco secco come la pietra
un canto d’arso e stoppie come la pietra.
Le cicale sono il punto d’incontro
l’anello mancante
fra l’insetto e la pietra.
XV
Con la pietra l’uomo ci sogna le geometrie
e la Masseria in Murgia ne è la prova
ma la pietra in sé
non ne possiede una di geometria che sia una
è l’uomo che, mettendole a forma
le sogna a bisogno e le addomestica in disegno.
Ma la pietra non ha geometrie né forma
la pietra è l’unità di base del Mondo:
prima della pietra nulla di concreto
forse l’immagine o l’idea di un gas:
la pietra è la prima cosa al Mondo
che l’Universo ha potuto toccare
la pietra è madre, la pietra è tempio
e come madre, come inizio
dà a suo figlio, dà all’uomo
tutto il latte del suo seno
concede all’uomo di crescere
sognando di credere alle sue geometrie.
XVI
Non è la pietra una cosa di cui si possa dire colore
la pietra non ha colore, la pietra ha del colore
il suo mistero, non la sua fragilità.
Perché un colore è fragile, è un pelo di luce sulle cose
una parola che puoi dire e dare alle cose
e che muta a seconda di quando, a seconda di dove
e che sta in una bocca e non sta in un’altra bocca.
Un colore è fragile, è un’aria di luce intorno alle cose
ma una pietra non ha parole di bocca per il suo mistero
il mistero che ha nel non avere un colore
il mistero del suo colore che non ha bocca
che possa darle un colore
perché la pietra non ha colore
la pietra ha del colore il suo mistero indicibile
il mistero del suo colore indicibile.
Il mistero del colore della pietra non è tanto
nel non avere parole per dirlo
ma è piuttosto l’impossibilità che ha nell’avere
un pelo di luce fragile su di sé.
La pietra è in sé, non è su di sé
ed il suo mistero di colore è
che il suo colore non si trova intorno, ma dentro.
Ma dentro la pietra c’è solo pietra
e non ci puoi togliere da dentro nessuna parola
per poi mettertela in bocca e dirla
dalla pietra non ci puoi cavare una cosa invisibile
come una parola, come un colore.
Nella pietra ci sta solo pietra, pietra e basta.
XIX
Ogni cosa si poggia alla pietra
dalle rondini alle mosche, dalle formiche ai cani
dai peri ai cardi, dalle pecore ai licheni
ogni cosa si poggia alla pietra.
La pietra, invece, non si poggia a nulla
se non a se stessa, la pietra quindi
è la prima parola di una lingua
è l’inizio dei fatti, l’origine del discorso
la pietra è la condizione senza cui nulla sarebbe stato
senza cui nessuno di noi saprebbe cosa è un piede
dal momento che un solo passo gli sarebbe negato.
XXI
La pietra è un corpo vivente che nell’arco di cento anni
è capace di non muovere neppure un fiato
e per questo noi che diamo parola ad ogni cosa del Mondo
non sappiamo definirla vivente, la crediamo morta
la diciamo inerte, la narriamo inanimata.
Ma sbagliando ci sbagliamo due volte
perché la pietra non solo è viva, ma eterna
e i suoi tempi non sono i giorni delle farfalle
i mesi dei topi, gli anni degli uomini
i secoli degli elefanti, i millenni degli ulivi
i milioni delle ere con cui amiamo ricordare il Mondo
la pietra vive i suoi miliardi di anni
e c’è dall’inizio e ci sarà alla fine
e sarà madre poi figlia poi madre e di nuovo figlia
perché per la pietra l’avvento dell’uomo è un battito di ciglia.
XXIII
Camminare la Murgia è camminare una tentazione
di pance magre arse al sole
camminare la Murgia è rimparare a camminare.
Non c’è passo che possa elasticizzarsi
come e quanto un passo possa
tenuto fra le gambe come un pendolo nel suo arco
non c’è passo che riconosca la pietra sotto al piede
non c’è piede che possa un passo come meglio crede.
Perché camminare la Murgia è inciampare in una tentazione
di pance femmina arse al sole
camminare la Murgia è inciampare il camminare
camminare la Murgia è tentare l’impossibile
che si deve rimparare.
XXVIII
La pietra è utero, la pietra è femmina:
senza la pietra la vita sarebbe un vento
che passa nel vento
scivola nel vento
ruota nel vento
e soffia nel vento.
Senza la pietra la vita che conosciamo non avrebbe avuto
corpo di corpi con cui manifestarsi
perché se è vero che l’universo galleggia i suoi astri
la pietra è la prima causa per cui la vita ha forma
sostegno, come e sapere di dove stare
e stando con la pietra, agendo e partendo dalla pietra
cominciare il viaggio vivente pensando a dove andare.
XXIX
Tutto poggia in pietra
questo insegna la Murgia
nuda com’è come la pietra
nuda di pietra com’è.
XXXI
Non c’è ombre in Murgia
che si lascino guardare.
Avere ombra in Murgia
significa entrare la pietra
dove la pietra è femmina
e ha deciso di amare.
XXXIII
Il Sole è una lama che vola dentro il cielo
sfavillando cordiere di raggi affilati
e contro il cielo una rondinata di immersioni
senza alcun attrito, solo uno scivolamento
di lame di luce che scolano sulla pomice impalpabile
del cielo trafitto di scucimenti e fenditure.
Il Sole non dà ombre in cielo.
Il Sole è un pesce che vola l’acqua
accecando la sua rete di raggi squamati
e contro il mare una nuotata di fascioni
con piccolo attrito, una saponata d’oli
che cade come un sasso negli abissi d’oceano
facendo del pelo d’acqua una pelle di lanterna.
Il Sole non lascia ombre in acqua.
Il Sole è una ghiaiolata che fora il legno
lentamente come una goccia nel cervello del metallo
rimbalza, devia, si massacra
ma poi scapolina dagli alberi, li scavalca
e pur fermandosi nel tronco, nelle foglie
si ferma quasi del tutto, mai del tutto.
Il Sole fa ombre in bosco
ma ombre di riso
paglierine, leggere, chiare.
Il Sole è un sasso che s’arriccia sulla pietra
che non vola, non attraversa, non filtra
duramente muove il suo osso contro l’osso della pietra
si arresta, si spetrolia, si indurisce
sul manto di pietra d’osso che è la pietra
e non scollina, non aggira, si ferma
e lentamente si lascia assorbire mutandosi in calore.
Il Sole lo assorbe la pietra e non dà ombre alla pietra.
Sull’altro versante della pietra è direttamente notte.
XXXVIII
La Murgia è la Storia di come inizia il Mondo
di come la pietra cominciando cominci il Mondo
e di come il Mondo partorendosi neonasca dalla pietra.
La Murgia è il libro di questa infanzia del Mondo
ed è scritto in pietre di pietra su pietra
nella sola lingua che il Mondo snuda:
essere Mondo nudo di pietra in lingua nuda
essere alba nuda del Mondo nel nudo mattino.
La Murgia è la fotografia
di come quando il Mondo era bambino.
XLII
Ha bisogno di pietra l’acqua
per sapersi dove scivolare
quando s’affaccia alla valle
come un serpente che esce dalla tana.
Ha bisogno di pietra il pesce
per sapersi dove scivolare
quando s’addormenta nel mare
come una pigna appesa a un ramo.
Ha bisogno di pietra l’alga
per sapersi dove scivolare
quando danza nel mare
come una fronda urtata dalla buriana.
Ha bisogno di pietra la terra
per sapersi dove scivolare
quando si sdraia alle piane
come un’onda di grilli nel grano.
Ha bisogno di pietra il bosco
per sapersi in terra come scivolare
quando sogna le sue radici
come un sasso a reggere la porta.
Non ha bisogno di nulla la pietra
per sapersi come cosa di Mondo
perché senza di lei null’altra cosa al Mondo
avrebbe bisogno di qualcosa per sapersi al Mondo.
XLV
Ogni cosa di cui il Mondo è fatto
da prima che il Mondo partorisse le mani agli uomini
rimbalzando da sé le onde dei suoni
ne assorbe una parte tenendole a grembo.
La pietra non assorbe nulla
restituisce tutto il suono
al suono che l’ha suonato:
lo stesso fa con i sogni:
chi ci dorme sopra, con la testa poggiata
sogna il sogno più intero che abbia mai sognato.
Perché la pietra nasce quando ancora il sogno
non aveva la bocca per essere suonato
quando non aveva ancora gli occhi per essere sognato.
*****
Pietra Madre è il frutto di dieci giorni di residenza artistica alla Masseria Jesce a cavallo fra luglio ed agosto del 2018. La Masseria Jesce è nel cuore della Murgia, nell’altamurano; è tutta di pietra e ha una corona di tegole per suonare un concerto di piogge in raccolta delle acque. A due passi dalla Masseria scorrono le pietre del fiume Appia, regina viarum, mentre dal ventre della pietra circondante luccica il rosso e blu di affreschi di scuola bizantina del Trecento, si annidano neviere, pascolano pecore e vacche che mangiano, insieme agli avanzi del grano, i cardi, si spalancano all’aria necropoli e villaggi neolitici, ozia una stazione di posta romana, prende fiato il timo selvatico, la ferula e qualche raro perazzo.
Se questo poema esiste lo devo a Donato Laborante, custode orante della Murgia, ad Emanuele Poki, compagno di residenza, ad Antonio Lomurno, compagno d’erranza, e a Giuliano Maroccini (poeta) e Luigi Piccarreta (economista) che con il loro delirio d’amore “Sudestasi” hanno innescato il tutto. Se questo poema è un file digitale lo devo a Claudia D’Oriano, più delle dita orecchio e parola. Grazie.
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